Il Giappone vuole creare il “carbone pulito”

Il Giappone vuole creare il “carbone pulito”


L’idrogeno è il combustibile del futuro, a patto che venga ottenuto da processi che non liberino anidride carbonica. Il gas naturale è il combustibile di transizione, necessario ad accompagnare le rinnovabili fino a che i sistemi di stoccaggio non saranno pronti, ma destinato a perdere rilevanza nel lungo periodo. Il carbone è oggi, nel mondo, la principale fonte di energia per la generazione di elettricità e per la produzione di acciaio e cemento, però è anche la più grande fonte di emissioni singola di CO2. Se esistono gli idrogeni “blu” e “verde”, e se esistono delle alternative “neutre” al gas (il biometano e i combustibili sintetici), esiste anche il carbone “pulito”?

Se ci fosse un modo per “decarbonizzare il carbone”, l’azione climatica globale ne trarrebbe giovamento e le finanze dei paesi in via di sviluppo pure, perché si risparmierebbero le spese per l’installazione di tanti impianti rinnovabili, per l’adeguamento delle infrastrutture e per l’elettrificazione di industrie e case.

Il Giappone, terza economia del pianeta e membro del G7, è convinto che il carbone pulito si possa fare. Pur dicendo di voler raggiungere le zero emissioni nette al 2050, come l’Unione europea e gli Stati Uniti, il Giappone non si è impegnato ad azzerare l’utilizzo del carbone entro il 2030. A differenza di altre economie avanzate non lo considera infatti un antagonista, ma una parte integrante del suo piano per la neutralità climatica.

Le difficoltà energetiche del Giappone

Se Tokyo vuole fare la decarbonizzazione con il carbone, un motivo c’è. Non è per una velleità di autarchia, perché il paese è povero di risorse e deve importare circa il 90 % dell’energia di cui ha bisogno: è il terzo maggiore acquirente di carbone, appunto, e il primo di gas liquefatto.

Non è nemmeno per una questione di rifiuto ideologico delle rinnovabili. Anzi, in teoria il Giappone avrebbe tutto da incassare – in sicurezza e in contabilità – da una forte espansione di eolico e fotovoltaico perché il vento e la luce del Sole sono gratis. In pratica, però, la geografia non lo aiuta: il territorio è montuoso e densamente popolato, che rende difficile collocare i parchi solari; i fondali marini sono profondi e inadatti all’ancoraggio delle turbine offshore; i tifoni sono frequenti; la struttura insulare e l’isolamento ostacolano le connessioni elettriche.

L’eredità di Fukushima

Tokyo ha bisogno del carbone per via dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima del 2011, dopo il quale tutti i reattori sono stati spenti, cancellando una fonte che produceva un terzo dell’elettricità. Negli anni qualche riattivazione c’è stata, ma un pieno ritorno e un’espansione dell’energia atomica – come vorrebbe il governo, trattandosi di una fonte stabile e pulita – è complicato dalla disgregazione della filiera e dall’opposizione popolare, anche se lo scetticismo si sta riducendo. Stando a un sondaggio condotto dal quotidiano Nikkei a luglio 2022, il 70 % dei giapponesi è favorevole all’energia nucleare. Nel 2016 erano il 26 %.



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di Marco Dell’Aguzzo www.wired.it 2023-10-09 05:00:00 ,

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